Sacro Cuore di Gesù

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(ven dopo 2 dom dopo Pentecoste)

Nell’ambito biblico, il “cuore” esprimeva una realtà molto più profonda e importante rispetto alle nostre visioni moderne.  A livello umano esso indicava il centro dei sentimenti, ricordi, idee, progetti, decisioni.

Potremmo dirlo il centro personale intelligente, ove libertà e coscienza divengono decisive. Applicato alla realtà divina, esso indicava le profondità insondabili e le vastità infinite in cui si esplica ineffabilmente il mistero d’amore che è Dio.

Ascoltiamo la Parola di Dio 

Os 11, 1. 3-4. 8-9  1Quando Israele era fanciullo, io l'ho amato e dall'Egitto ho chiamato mio figlio. 3A Èfraim io insegnavo a camminare tenendolo per mano, ma essi non compresero che avevo cura di loro. 4Io li traevo con legami di bontà, con vincoli d'amore, ero per loro come chi solleva un bimbo alla sua guancia, mi chinavo su di lui per dargli da mangiare. 8Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione. 9Non darò sfogo all'ardore della mia ira, non tornerò a distruggere Èfraim, perché sono Dio e non uomo; sono il Santo in mezzo a te e non verrò da te nella mia ira.

Ef 3, 8-12. 14-19:Fratelli, 8a me, che sono l'ultimo fra tutti i santi, è stata concessa questa grazia: annunciare alle genti le impenetrabili ricchezze di Cristo 9e illuminare tutti sulla attuazione del mistero nascosto da secoli in Dio, creatore dell'universo, 10affinché, per mezzo della Chiesa, sia ora manifestata ai Principati e alle Potenze dei cieli la multiforme sapienza di Dio, 11secondo il progetto eterno che egli ha attuato in Cristo Gesù nostro Signore, 12nel quale abbiamo la libertà di accedere a Dio in piena fiducia mediante la fede in lui. 14Per questo io piego le ginocchia davanti al Padre, 15dal quale ha origine ogni discendenza in cielo e sulla terra, 16perché vi conceda, secondo la ricchezza della sua gloria, di essere potentemente rafforzati nell'uomo interiore mediante il suo Spirito. 17Che il Cristo abiti per mezzo della fede nei vostri cuori, e così, radicati e fondati nella carità, 18siate in grado di comprendere con tutti i santi quale sia l'ampiezza, la lunghezza, l'altezza e la profondità, 19e di conoscere l'amore di Cristo che supera ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio.

Gv 19, 31-3731Era il giorno della Parasceve e i Giudei, perché i corpi non rimanessero sulla croce durante il sabato - era infatti un giorno solenne quel sabato -, chiesero a Pilato che fossero spezzate loro le gambe e fossero portati via. 32Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe all'uno e all'altro che erano stati crocifissi insieme con lui. 33Venuti però da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, 34ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua. 35Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate. 36Questo infatti avvenne perché si compisse la Scrittura: “Non gli sarà spezzato alcun osso” . 37E un altro passo della Scrittura dice ancora: “Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto”.

Meditiamo con l’aiuto dello Spirito Santo  

La realtà misteriosa espressa nella Bibbia col termine cuore, soprattutto applicata a Dio, esige particolare attenzione.

Infatti, la prima lettura dal profeta Osea, cerca di mostrare tutta la delicatezza e la tenerezza dell’amore divino ricorrendo alle immagini di un padre particolarmente amoroso verso il figlioletto che ha bisogno di tutte le sue attenzioni e cure.

Le immagini del papà col piccolo bimbo sono le più familiari, ma anche le più suggestive: insegnargli a camminare, tenerlo per mano, sollevarlo alla propria guancia, chinarsi su di lui, dargli da mangiare. Sono gesti di bontà, belli e delicati come espressioni di profondo e trepido amore. Egualmente indicative sono le frasi: “il mio cuore si commuove dentro di me”, “il mio intimo freme di compassione”, “non verrò da te nella mia ira”, perché “sono il Santo in mezzo a te” che Dio esprime davanti alle continue disobbedienze, infedeltà e incomprensioni, del suo popolo. Tuttavia esse sono soltanto un pallido tentativo di esprimere quell’infinito amore misericordioso che sarà pienamente rivelato da Cristo e in Cristo.

Al riguardo, il Vangelo di Giovanni narra dei soldati che spezzarono le gambe dei due altri crocifissi. Vedendo, però, che Gesù già morto, uno lo colpì con la lancia al fianco, dal quale uscì sangue e acqua. In ciò la Chiesa ha visto, sia i segni dello Spirito e della Parola, sia i due sacramenti, Battesimo ed Eucaristia, le cui radici affondano nel cuore e nella croce di Cristo. La sorgente della redenzione e della salvezza di tutta l’umanità, infatti, risiede nel cuore del Figlio di Dio, immolato per noi, come agnello pasquale.

È il cuore che noi uomini abbiamo saturato di offese, oltraggi, umiliazioni, sofferenze, ferite e obbrobri.

A questo cuore, ora, dobbiamo rivolgerci tutti noi, che siamo stati salvati.

Al Sacro Cuore di Cristo dobbiamo dare l’adesione di tutta la nostra fede, il vincolo di tutto il nostro amore, l’impegno di tutta la nostra persona e di tutta la vita.

La profezia del profeta Zaccaria dice: “volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto” (Zc 12, 10). Di qui l’eccezionale importanza dell’augurio profetico di Paolo agli Efesini, ma che va esteso a tutti i cristiani di ogni tempo e luogo: “Cristo abiti per mezzo della fede nei vostri cuori, e così, radicati e fondati nella carità, siate in grado di comprendere con tutti i santi quale sia l'ampiezza, la lunghezza, l'altezza e la profondità, e di conoscere l'amore di Cristo che supera ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio”.

Il cuore di Cristo è l’amore di Cristo. 

Riflessione  

Che cosa indica il linguaggio del profeta Osea, sul padre amoroso e il piccolo figlio?

Che significa Giovanni descrivendo il sangue e l’acqua usciti dal cuore trafitto di Cristo?

Come conosciamo la: ampiezza, lunghezza, altezza e profondità dell'amore di Cristo?

Preghiamo con la Liturgia della Chiesa 

Padre di infinita bontà e tenerezza, cha mai ti stanchi di sostenere i tuoi figli e di nutrirli con a tu mano, donaci di attingere dal Cuore di Cristo trafitto sulla croce la sublime conoscenza del tuo amore, perché rinnovati dalla forza dello Spirito portiamo a tutti gli uomini le ricchezze della redenzione”.

Gualberto Gismondi OFM

angelico women rev1Le prime apparizioni del “Risorto”

 

Esaminiamo quello che i Vangeli riferiscono sulle prime apparizioni di Gesù risorto. Si presentò a Maria di Magdala e alle donne che andavano a completare l'unzione del suo corpo, che era stato deposto con gran fretta nel sepolcro (Mc 16,1; Lc 24,1), la sera del Venerdì Santo, per il sopraggiungere del sabato (Gv 19,31; 19,42).

Esse furono le prime a constatare il sepolcro vuoto. Il Risorto le incontrò, si manifestò e fece conoscere loro la sua Risurrezione (Mt 28,9-10; Gv 20,11-18). Egli le fece testimoni e messaggere della sua risurrezione agli stessi Apostoli (Lc 24,9-10), ai quali apparve in seguito, prima a Pietro e poi agli undici [1Cor 15,5].

Pietro fu incaricato di confermare nella fede i suoi fratelli (Lc 22,31-32) per cui sulla sua testimonianza, la comunità esclamò: “Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone” (Lc 24,34).

Ciò che accadde in quelle dense e intense giornate pasquali impegnò Pietro e gli Apostoli a comprendere e a far capire la nuova epoca storica, cominciata col mattino della Pasqua.

I testimoni che videro, udirono e toccarono il Risorto, sedettero anche alla sua mensa e ne condivisero il cibo, sono e rimangono le pietre di fondazione della Chiesa. Ciò conferma che la fede dei primi credenti e della prima comunità si fondò sulla testimonianza concreta di numerose persone, reali e autentiche, conosciute personalmente e individuate concretamente da altre persone che, nella maggior parte, vivevano ancora quando furono scritti i libri del Nuovo Testamento.

Questi autentici “testimoni della risurrezione di Cristo” (At 1,22) sono, prima di tutto, le donne, Pietro e gli Apostoli, che però, non furono i soli. Paolo, infatti, confermò chiaramente che, oltre a Giacomo e agli altri Apostoli, Gesù apparve anche ad altre persone, delle quali più di cinquecento in una sola volta (1Cor 15,4-8).

Gesù sapeva bene che in Israele e nella Giudea la testimonianza delle donne non aveva valore. Apparendo a loro prima che a ogni altro, con la sua autorità divina volle cancellare l’errore e l’ingiustizia di una discriminazione puramente umana. Essa, infatti, non aveva nulla di divino.

Gesù, risorto da morte, apparve alle donne, già testimoni dirette della sua morte e sepoltura, per farne anche le “testimoni” evangeliche universali della sua risurrezione. Furono tali per tutti, compresi gli stessi Apostoli.

Davanti al numero, quantità e qualità di tante testimonianze dirette è impossibile non riconoscere la risurrezione di Cristo anche nel suo aspetto corporeo, ossia nella realtà fisica. E' egualmente impossibile non riconoscerla come avvenimento veramente e autenticamente storico, benché superi e vada ben oltre i criteri dell'ordinaria storicità.

dubbio tommasoI fatti mostrano che la passione e morte in croce del Signore e Maestro, da lui stesso più volte preannunziate [Lc 22,31-32], sottoposero la fede di tutti i discepoli a una prova radicale estrema. Lo sbigottimento e lo smarrimento, provocati dalla passione e morte di Gesù, furono talmente grandi da non permettere ai discepoli di credere alle notizie della risurrezione.

I Vangeli, infatti, presentano una comunità agli antipodi di qualsiasi esaltazione spirituale o sublimazione mistica. I discepoli, singoli e in gruppo, sono talmente smarriti, sgomenti, spaventati e tristi (Lc 24,17; Gv 20,19), da non credere alle donne che tornavano dal sepolcro e da giudicare le loro parole “come un vaneggiamento” (Lc 24,11; cf. Mc 16,11. 13).

Tommaso non credette neppure agli altri Apostoli. Gesù stesso confermò tutto ciò, quando si manifestò agli Undici, la prima volta, nella sera stessa di Pasqua. Li rimproverò, infatti, “per la loro incredulità e durezza di cuore”. Il motivo è: “perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risuscitato” (Mc 16,14).

Gualberto Gismondi OFM


 

 

 Il sepolcro vuoto: prova o indizio?

 

Nel suo discorso nella sinagoga di Antiochia di Pisidia S. Paolo annunciò a tutti i suoi ascoltatori: “Noi vi annunziamo la Buona Novella che la promessa fatta ai padri si è compiuta, poiché Dio l'ha attuata per noi, loro figli, risuscitando Gesù” (At 13,32-33).

Fin dagli inizi della loro predicazione, gli Apostoli annunciarono che: “la risurrezione di Gesù è la verità culminante della nostra fede in Cristo”.

La risurrezione, quindi, “fu creduta e vissuta come verità centrale dalla prima comunità cristiana, trasmessa come fondamentale dalla Tradizione, stabilita dai documenti del Nuovo Testamento, predicata come parte essenziale del mistero pasquale insieme con la croce:

Cristo è risuscitato dai morti. Con la sua morte ha vinto la morte, Ai morti ha dato la vita” [Liturgia bizantina, Tropario di Pasqua] (CCC 638).

Gli Apostoli non annunciavano una dottrina o un pensiero, ma un fatto, un dato, un evento. “Il mistero della risurrezione di Cristo è un avvenimento reale che ha avuto manifestazioni storicamente constatate”.

Il Nuovo Testamento dimostra che già verso l'anno 56 san Paolo scriveva ai cristiani di Corinto: “Vi ho trasmesso dunque, anzitutto, quello che anch'io ho ricevuto: che cioè Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture, e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici” (1Cor 15,3-4).

L'Apostolo parla qui della tradizione viva della risurrezione che egli aveva appreso dopo la sua conversione alle porte di Damasco [At 9,3-18] (CCC 639).

Tutto cominciò con la domanda che due uomini in vesti sfolgoranti rivolsero alle donne tremanti e impaurite, perché non avevano trovato nel sepolcro il corpo del Signore.

Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risuscitato” (Lc 24,5-6).

sepolcro vuotoI Vangeli indicano chiaramente che “nel quadro degli avvenimenti della pasqua, il primo elemento che si incontra è il sepolcro vuoto”. In sé, questa non è una prova diretta, perché l’assenza del corpo di Cristo nella tomba si potrebbe spiegare anche altrimenti [Gv 20,13; Mt 28,11-15].

Malgrado ciò, però, il sepolcro vuoto costituì per tutti un segno essenziale e fu il punto di partenza. La sua scoperta da parte dei discepoli fu il primo passo verso il riconoscimento dell’evento della risurrezione.

Dapprima fu il caso delle pie donne [Lc 24,3.22-23], poi di Pietro (Lc 24,12). Il discepolo “che Gesù amava” (Gv 20,2) afferma che, entrando nella tomba vuota, e scorgendo “le bende per terra” (Gv 20,6), vide e credette [Gv 20,8].

Ciò significa che, dallo stato in cui si trovava, egli constatò che il sepolcro era vuoto [Gv 20,5-7] e che l’assenza del corpo di Gesù non poteva essere opera umana. I Giudei, infatti, non potevano assolutamente averlo fatto, mentre i discepoli non lo avevano fatto.

Gesù, quindi, non era stato trafugato, né tornato a una vita terrena, come era avvenuto per Lazzaro [Gv 11,44] (CCC 640). Giovanni dice di sé che: “vide e credette” (Gv 20,8).

Il suo commento successivo, “non avevano, infatti, ancora compreso la Scrittura” (20,9) sottolinea quanto fossero impreparati a tale evento, sia lui che tutti gli altri Apostoli e discepoli, benché le Scritture ne avessero ampiamente trattato e Gesù stesso ne avesse parlato più volte.

Gualberto Gismondi OFM