Una tomba nuova in un giardino

La tomba di Gesù fu ed è sempre meta di pellegrini e pellegrinaggi. Su di essa fu costruita una grande basilica, che i cristiani orientali chiamarono e chiamano “Anastasis” (Risurrezione) e i cristiani latini chiamarono e chiamano “Santo Sepolcro”.

Essa è continuamente centro di culto e grande devozione, anche se i cristiani sanno bene che conoscere il luogo della tomba di Gesù è molto meno importante di sapere che Gesù è morto e risorto per noi.

Nessuno scavo o ricerca di archeologia può dimostrare, né negare, che Gesù è veramente risorto da morte. La sua risurrezione è la base e il fondamento della fede della Chiesa e, più che dal sepolcro vuoto, è provata dalle apparizioni e condivisioni di vita del Risorto con i suoi Apostoli, i discepoli e molte altre persone.

L’archeologia aiuta, invece, a capire meglio quanto narrano i Vangeli, facendo conoscere, ad esempio, come erano fatte le tombe, nel I secolo, a Gerusalemme e nella terra di Gesù.

Gerusalemme è situata su colline calcaree che costituiscono la spina dorsale della Palestina. Su esse vi è una minima quantità di terra, per cui i defunti dovevano essere sepolti in grotte o in tombe scavate nella roccia. Tali scavi costavano molto, per cui, a volte, vi si seppellivano più persone. Inoltre richiedevano persone piuttosto abbienti.

In seguito, gli scavi, sia archeologici che attuati per altri motivi, hanno fatto scoprire decine di tombe, che datano dal 50 avanti Cristo fino al 135 dopo Cristo. Poiché metodi e modi di costruzione sono sostanzialmente gli stessi, possiamo servircene per descrivere la tomba di Gesù.

Il lavoro era complesso. I tagliapietre ricavavano nella roccia una parete, nella quale scavare la tomba. I più ricchi scavavano anche un’area in cui creare un giardino e una riserva d’acqua per i parenti in lutto e i visitatori.

Veniva poi scavata la camera sepolcrale, il cui ingresso era piccolo e stretto, per poterlo sigillare più facilmente, al fine d’impedire l’ingresso di sciacalli, iene, cani, animali selvaggi e predatori.

La porta era un gran masso rotondo che si rotolava per chiudere ermeticamente l’ingresso. Nella parete si scavano una o più nicchie orizzontali nelle quali si ponevano a giacere i defunti.

Dagli scritti ebraici sappiamo che ai defunti si legavano braccia e gambe con strisce di lino, se ne copriva il volto con un sudario, si avvolgeva il corpo in una camicia o un telo di lino. Su tutto si spruzzavano aromi e profumi.

Queste conoscenze fanno capire meglio i Vangeli che descrivono: la preoccupazione delle donne per aprire la tomba, ossia “rotolare” la pesante pietra; la tomba aperta ma vuota; gli esseri angelici seduti nella tomba; i loro inviti a non cercare “il vivente” tra i morti.Pietro e Giovanni, quindi, videro all’interno le bende, i lini e il sudario, a parte, vuoti, afflosciati o piegati.

Nel corso dei secoli, tuttavia, Gerusalemme fu totalmente modificata. La tomba di Gesù fu racchiusa nella Basilica del Santo Sepolcro o dell’Anastasis. Essa fa parte di un complesso di sepolcri del I secolo, costruiti nel modo descritto.

Scrivono infatti i Vangeli: “Nel luogo in cui fu crocifisso c’era un orto e nell’orto un sepolcro nuovo in cui non era ancora stato sepolto nessuno”. E ancora: “Giuseppe, quindi, preso il corpo, l’avvolse in un lenzuolo pulito e lo pose nel proprio sepolcro. Poi rotolò una grossa pietra all’entrata del sepolcro”.

Gualberto Gismondi

 


 

Sepoltura di Gesù: sua verità e critiche infondate

Al tempo di Gesù, alcune norme antiche e rabbiniche stabilivano che una persona fosse sepolta nel giorno stesso del suo decesso. La salma, quindi, veniva lavata, unta con unguenti, aromi e sostanze profumate e avvolta nei lini.

Riguardo alla sepoltura di Gesù, alcuni non credenti: atei, laicisti, razionalisti ecc. cercarono di sminuire il valore delle testimonianze e della verità dei Vangeli. Ogni volta, però, le scienze e la storia smentirono le loro critiche infondate, ascientifiche e di natura puramente ideologica.

Valide ricerche archeologiche e specialistiche sullo studio di tombe e catacombe, raccolsero ritrovamenti e risultati interessanti, che smentiscono decisamente tali opinioni strampalate.

Una di esse sosteneva che le persone morte per crocifissione erano sepolte soltanto in fosse comuni. Nel 1968 quest’idea fu definitivamente smentita e confutata, perché le ossa di una persona uccisa mediante la crocifissione furono ritrovate in una tomba di famiglia a Gerusalemme.

Un’altra critica infondata, riportata anche da qualche studioso biblico, riguarda le cure riservate al corpo di Cristo subito dopo la sua morte. Alcuni critici sostenevano che i Vangeli descrivevano due serie di cure alla salma del Signore.

Poiché ciò non era consentito né praticato, concludevano che i Vangeli sbagliavano. Sbagliata, invece, era la lettura dei Vangeli di questi autori, per cui le loro critiche erano infondate.

Il Vangelo, infatti, dice soltanto che: Giuseppe d’Arimatea chiese e ottenne da Pilato di prendere il corpo di Gesù; Nicodemo portò cento libbre (circa 33 chili) di mirra e aloe per avvolgere il corpo di Gesù “in bende insieme con oli aromatici, come è usanza seppellire per i Giudei” (Gv 19,40); il corpo fu posto in un sepolcro nuovo, lì vicino.

Luca è molto preciso anche nell’indicare l'ora e scrive che “già splendevano le luci del sabato” (23,54). Da quel momento e per tutto il sabato tutte le pratiche e attività erano severamente proibite. Nessuno, quindi, poteva compiere le complicate e lunghe prescrizioni per la sepoltura.

Dato che i corpi dei crocifissi erano solitamente nudi o coperti, al massimo, da un perizoma (Mt 27,35; Mc 15,24; Lc 23,34; Gv 19,23), Giuseppe d’Arimatea avvolse in gran fretta il corpo di Gesù in un “candido lenzuolo”, insieme agli aromi (Mt 27,59; Mc 15,46; Lc 23,53). Nulla più.

Era quindi necessario aspettare il giorno successivo al sabato per poter fare quanto era dovuto per seppellire Gesù, secondo le usanze giudaiche. I Vangeli dicono che a ciò stavano per provvedere le donne, subito dopo il sabato, che: “di buon mattino si recarono alla tomba, portando con sé gli aromi che avevano preparato” (Lc 24,1).

Pietra-dellUnzione-Basilica-Santo-SepolcroLe operazioni di sepoltura del corpo di Gesù (Mc 16,1; Lc 24,1), “come è usanza seppellire per i Giudei” (Gv 19,40), quindi, dovevano essere compiute per la prima volta da loro. Che tali operazioni non fossero state ancora compiute è indicato dai Vangeli, con assoluta chiarezza.

Pertanto non vi furono affatto due operazioni di sepoltura, e i Vangeli sono chiarissimi. Quanto fatto da Giuseppe d’Arimatea e da Nicodemo, con gran celerità e in brevissimo tempo, non era un’operazione di sepoltura.

A loro volta, le donne che, cariche di aromi per la sepoltura salirono al sepolcro, arrivarono che il Signore era già risorto. Furono colpite dal fatto che il suo corpo non c’era già più. Neppure esse fecero alcuna operazione di sepoltura.

Nel sepolcro vi erano soltanto, vuoti, ripiegati o afflosciati su se stessi: il sudario che copriva il volto, serviva a tenere fermo il mento e poteva essere di piccole o grandi dimensioni secondo gli usi; le bende, che servivano a tenere ferme le gambe e le mani; il lenzuolo (Sindone). Gli archeologi, gli specialisti delle catacombe e i reperti di altre tombe e sepolcri confermano la verità di questi particolari.

Vere erano le libbre di mirra e aloe per onorare il corpo del morto, quindi, del Signore. Esse erano molto costose, ma Nicodemo era persona importante e molto facoltosa. Egualmente veri i teli di lino, sudari, lenzuola e bende per avvolgere le salme.

Ancora una volta, quindi, scienza, archeologia e storia si completano a vicenda nel: confermare la genuinità, verità e veridicità delle narrazioni evangeliche; confutare l’infondatezza, l’arbitrarietà e l’inadeguatezza delle critiche e negazioni dei non-credenti; manifestare l’insostenibilità di ipotesi e ideologismi acritici e di dogmatismi inconsistenti.

Altre ricerche storiche, insieme ai reperti ritrovati nelle catacombe, hanno indicato che, fin dagli inizi, i cristiani ispirarono le loro modalità di sepoltura proprio a quanto i Vangeli descrissero della sepoltura di Cristo.

Sempre storicamente, infine, si è dimostrato che, fin dagli inizi, i cristiani garantirono ai più poveri, sepolture decorose e onorate.

Gualberto Gismondi

 


 

Famiglia: la priorità dell’amore altruista e del servizio

Nelle socioculture occidentali attuali, le realtà positive che abbiamo considerato nei post precedenti non trovano la dovuta accoglienza.

Le ideologie del potere e dell’uguaglianza fra uomo e donna continuano a porre il lavoro alla base di tutto, mentre la famiglia viene considerata una difficoltà e un ostacolo da rimuovere.

Questo avviene perché il modello umano e sociale vigente è basato sul “modello maschile della donna”. Ella, quindi, deve imitare il potere e la vita professionale, familiare e politica, imposta all’uomo e dall’uomo.

Il modello che il Vangelo propone, invece, sia all’uomo che alla donna, è quello del servizio e dell’amore incondizionato. Questo amore, però, s’impara solo nella famiglia. Ne consegue, quindi, che il lavoro e la politica possono essere realizzati correttamente, solo da chi ha imparato ad amare e servire in modo altruista, nella famiglia.

La netta e totale differenza fra amore-servizio e potere-dominio illumina l’insuperabile contrasto fra la visione cristiana e ogni forma di femminismo-laicista e di laicismo-femminista.

La famiglia è l’unità organica, la cellula fondamentale e naturale di ogni società. Al di fuori della visione cattolica, non esiste alcun femminismo o laicismo che consideri la famiglia come nucleo fondamentale della società, che costituisce e precede, in ordine d’importanza, la società e la politica.

La politica occidentale d’oggi è lontanissima dal riconoscere queste priorità. Gli Stati occidentali non riconoscono più ciò che, nel 1948, la Dichiarazione delle Nazioni Unite aveva solennemente affermato sulla famiglia.

Le condizioni causate da questo stato di cose sembrano suscitare una certa controtendenza. Crescerebbe il numero dei padri che desiderano passare più tempo con i propri figli.

La crisi generale, che sta travolgendo il mondo del lavoro e l’insieme della società, spinge alcuni a pensare che il giudizio sul valore del lavoro non debba più dipendere soltanto dal denaro, il prestigio e la carriera. Valori prioritari sono, anzitutto, il servizio umano e i compiti intrapresi per collaborare e unirsi con gli altri.

Una più attenta riflessione può scoprire che le critiche laiche rivolte alla Chiesa cattolica e quelle femministe rivolte alla famiglia si basano sullo stesso errore di fondo, che è: l’ottica del potere.

È da essa che derivano tutte le posizioni sbagliate, rilevate a riguardo de l’uomo, la donna, la famiglia e i figli. Ai cattolici, quindi, spetta il difficile compito di testimoniare, con la loro vita e il loro pensiero, che vi è una sola soluzione a tutti questi problemi: accettare e vivere fino in fondo le esigenze dell’amore altruista e del servizio. Tale esigenza è identica per tutti gli uomini e tutte le donne.

La “Lettera ai vescovi della Chiesa Cattolica sulla collaborazione dell’uomo e della donna nella Chiesa e nel mondo” sottolinea, in particolare, il vantaggio della donna nel comprendere e accogliere i valori dell’altruismo e del servizio.

Esso dipende, in particolare, dal fatto che soltanto ella ha ricevuto il privilegio di donare la vita, mediante la maternità e di prendersi piena cura degli esseri completamente inermi e totalmente inoffensivi come i bambini.

Gualberto Gismondi